Retribuzioni Italia in movimento: i numeri raccontano un Paese che cresce, ma con un mercato del lavoro sempre più spaccato tra chi accelera e chi resta indietro. Che cosa succede.

Negli ultimi 6 anni, il panorama delle retribuzioni in Italia ha cambiato volto. La pandemia ha agito da spartiacque, accelerando processi già in corso e portando alla luce nuove fragilità.
Da un lato, la digitalizzazione, l’automazione e la spinta verso modelli di lavoro più flessibili hanno creato spazi per professionalità qualificate e nuove figure tecniche.
Dall’altro, la pressione inflazionistica e la contrazione dei salari reali hanno colpito i settori tradizionali, amplificando il divario tra comparti e territori.
Tra il 2019 e il 2024 l’occupazione è cresciuta del 4,8%, un dato quasi in linea con la media europea.
Ma la crescita non è uniforme. La vera spinta arriva soprattutto dai lavoratori senior, spesso stabilmente occupati e sostenuti da riforme previdenziali che hanno allungato la permanenza nel mercato.
A questo si aggiungono gli effetti positivi delle politiche fiscali espansive e della ripresa delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione.
Il risultato è un mosaico complesso:
più occupati, sì, ma con forti differenze nella qualità del lavoro, nelle retribuzioni e nelle opportunità di carriera.
Vediamo insieme qui sotto tutti i dettagli.
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Retribuzioni in Italia: chi guadagna terreno e chi resta indietro
Guardando ai numeri, emerge con chiarezza che i comparti tecnologici e quelli ad alta intensità di conoscenza stanno trainando la crescita.
Le retribuzioni in Italia sono aumentate in modo significativo nei settori legati al digitale, all’informatica e ai servizi professionali.
L’Ict, che comprende telecomunicazioni e servizi digitali, ha registrato un incremento occupazionale del 9,3% in 5 anni.
Un dato incoraggiante, anche se inferiore alla media europea, dove la crescita ha sfiorato il doppio.
Le attività scientifiche, ingegneristiche, legali e amministrative hanno fatto ancora meglio, con un +12,4% di addetti e una domanda sempre più forte di competenze trasversali.
Questi comparti, presi insieme, rappresentano oggi circa un quarto della nuova occupazione creata in Italia dal 2019.
Ma non tutti i settori possono festeggiare.
Industria manufatturiera, commercio, turismo e ristorazione faticano a mantenere il passo: in molti casi i salati reali sono stagnanti o addirittura in calo.
L’inflazione, la bassa produttività e la difficoltà a innovare hanno rallentato la crescita dei redditi.
Le aziende che hanno investito in digitalizzazione e intelligenza artificiale, invece, mostrano dinamiche completamente diverse: più assunzioni, stipendi più alti e maggior capacità di attrare talenti.
La sfida delle competenze e il ruolo del lavoro ibrido
Dietro la forbice retributiva si nasconde una questione strutturale: la carenza di competenze.
Infatti le imprese italiane si trovano a dover gestire una doppia criticità:
il calo demografico e la difficoltà nel reperire profili qualificati.
Dal 2019 gli specialisti Ict sono aumentati di oltre 150mila unità, ma la domanda continua a superare l’offerta.
Mancano laureati in discipline tecnico-scientifiche e il gap formativo rispetto ad altri Paesi europei resta evidente.
In questo scenario, il lavoro da remoto è diventato una leva strategica.
Molte aziende hanno iniziato a guardare oltre i confini geografici tradizionali, ampliando la possibilità di collaborare con professionisti sparsi sul territorio nazionale, e in alcuni casi anche all’estero. Questo approccio non solo riduce le distanze, ma favorisce la competitività e la circolazione delle competenze.
Una trasformazione digitale che non sta eliminando posti di lavoro, come spesso si teme: li sta cambiando.
Le figure con competenze cognitive, creative e analitiche sono oggi quelle più richieste e meglio retribuite.
Come diciamo sempre, la tecnologia non sostituisce l’uomo: lo affianca, lo potenzia e, se ben governata, può diventare un moltiplicatore di valore per tutto il sistema economico.
Uno sguardo oltre i numeri
Il quadro delle retribuzioni in Italia mostra un Paese in movimento, dove le opportunità ci sono ma richiedono visione, investimenti e formazione continua.
La sfida è colmare le distanze tra chi è già dentro la trasformazione e chi rischia di restarne ai margini.
In un mercato che cambia così rapidamente, non basta “lavorare di più”:
serve lavorare meglio, puntando su competenze, innovazione e capacità di adattamento.
Solo così l’Italia potrà trasformare la sua crescita occupazionale in un vero salto di qualità retributiva e produttiva.





