Quando si parla di IVA versata per errore, la questione non è mai banale. Le regole per chiedere la restituzione esistono, ma vanno seguite con metodo e attenzione. I dettagli qui sotto.

Può succedere a chiunque: una fattura emessa con IVA su un’operazione che in realtà ne era esente, un errore nell’inquadramento contrattuale, o magari una norma interpretata in modo diverso da come poi viene chiarita dall’Agenzia delle Entrate.
E quando ci si accorge che l’imposta non era dovuta, la domanda è una sola:
Come si rimedia?
A rispondere è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n.50 del 3 ottobre 2025, che ha fatto ordine in una materia da sempre scivolosa.
L’obiettivo è tutelare il principio di neutralità dell’IVA, uno dei cardini del sistema:
l’imposta deve gravare solo sul consumatore finale, non sull’impresa o sul professionista.
Per questo, quando l’IVA è stata versata su un’operazione non imponibile o fuori campo, si apre la possibilità di recuperare l’importo indebitamente pagato.
Ma la restituzione non è automatica: ci sono condizioni precise e un iter che va rispettato.
Vediamo insieme come bisogna comportarsi.
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IVA versata per errore: le regole
La procedura è disciplinata dall’articolo 30-ter del DPR 633/1972, introdotto con la Legge europea 2017, che ha armonizzato la normativa italiana con quella europea.
Il meccanismo si fonda su due principi chiave:
- Il termine per chiedere il rimborso -> la richiesta va presentata entro 2 anni dal versamento dell’imposta o dal momento in cui si accerta il diritto alla restituzione (ad esempio, dopo un accertamento definitivo e una sentenza);
- La legittimazione del soggetto richiedente -> il rimborso può essere chiesto dal cedente o prestatore, ma solo dopo aver restituito al cliente l’IVA addebitata in eccesso.
In pratica, prima si regolarizza la situazione “a monte”, cioè tra le parti, e solo dopo ci si può rivolgere dall’Agenzia per ottenere la restituzione.
È una logica di equilibrio: l’Erario restituisce solo dopo che nessuno, né il fornitore né il cliente, ne abbia tratto un vantaggio indebito.
Va anche ricordato che in presenza di frodi fiscali, pratiche elusive o comportamenti dolosi, la restituzione è esclusa.
Il legislatore è chiaro: chi ha partecipato, anche indirettamente, a condotte irregolari non può accedere al rimborso.
Quando la restituzione non è ammessa
Ci sono però casi in cui, nonostante l’errore, il rimborso non può essere richiesto.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che,
se un rapporto contrattuale viene riqualificato a seguito di un controllo (per esempio, un contratto di appalto considerato in realtà una somministrazione di lavoro), e l’operazione si rivela non imponibile ai fini IVA,
NON è possibile recuperare l’imposta versata.
Il motivo è tecnico ma sostanziale: in questi casi manca il presupposto giuridico della prestazione imponibile, quindi non si tratta di un’imposta versata “per errore materiale”, ma di un’imposta che, per legge, non avrebbe dovuto esistere.
E ciò impedisce di attivare la procedura di rimborso.
In altre parole, se l’operazione è stata riqualificata come fuori campo IVA, la somma pagata resta dov’è.
Una distinzione sottile, ma cruciale per evitare contenziosi e richieste che verrebbero respinte in partenza.
Un tema di attenzione per imprese e professionisti
Dietro il tema dell’IVA versata per errore si nasconde una questione di grande rilievo pratico per chi gestisce quotidianamente contabilità, fatture e contratti.
L’errore può nascere da un semplice equivoco o da un mutamento normativo, ma le conseguenze economiche possono essere pesanti se non si conosce la procedura corretta.
Per questo è sempre consigliabile, in caso di dubbi, verificare con un consulente fiscale o con l’Agenzia delle Entrate prima di presentare la richiesta di rimborso.
Una corretta documentazione, la tracciabilità dei passaggi e il rispetto dei tempi sono fondamentali per chiudere la pratica senza intoppi.
L’IVA, si sa, è un’imposta di equilibrio: non deve generare costi, ma nemmeno diventare un pretesto per duplicare vantaggi.
La risoluzione dell’Agenzia arriva proprio per ribadire questo principio: sbagliare è umano, ma anche nel fisco, se si agisce nel modo giusto, si può rimediare.





