Utili extra-bilancio

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L’argomento degli utili extra-bilancio riguarda direttamente la gestione fiscale delle imprese. Quali sono i rischi concreti per le aziende coinvolte? La risposta qui sotto.

Che cosa sono gli utili extra-bilancio
Utili extra-bilancio: le cose da sapere

Nel mondo delle società di capitali, c’è un tema che sta generando crescente preoccupazione e dibattito: quello degli utili extra-bilancio.

Un argomento tutt’altro che marginale, che riguarda direttamente la gestione fiscale delle imprese e tocca in particolare le realtà con pochi soci.

Ma cosa si intende davvero per utili fuori bilancio?

Perché se ne parola sempre più spesso?

E quali sono i rischi concreti per le aziende coinvolte?

In questo articolo facciamo il punto su tutto ciò che è importante sapere: dalle dinamiche della presunzione di distribuzione ai recenti sviluppi giurisprudenziali che stanno stendendo l’applicazione di questa logica anche alle società per azioni.

Un approfondimento necessario per comprendere meglio un fenomeno che, pur in assenza di norme specifiche, sta diventando sempre più presente nei controlli dell’amministrazione finanziaria.

Quindi continuate a leggere per conoscere tutti i dettagli.

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Utili extra-bilancio: quando pochi soci diventano un problema fiscale

Nel nostro ordinamento, quando una società, spesso una SRL, ma ora anche una SPA, è composta da un numero limitato di soci, si entra in quella che viene chiamata una “ristretta base partecipativa”.

Questa condizione, apparentemente neutra, può invece trasformarsi in un campanello d’allarme per l’amministrazione finanziaria.

Perché?

Il ragionamento dell’Agenzia delle Entrate è il seguente:

se una società è composta da pochi soci, è probabile che tra loro esista un grado di conoscenza e fiducia tale da permettere la distribuzione non ufficiale degli utili,

cioè al di fuori del bilancio e senza una delibera formale.

In assenza di prove certe, scatta quindi una presunzione: si assume che gli utili non registrati siano stati divisi tra i soci, anche se non c’è traccia documentale a dimostrarlo.

Ciò che rende questo meccanismo particolarmente insidioso è il ribaltamento dell’onere della prova: non è l’amministrazione finanziaria a dover dimostrare che c’è stata una distribuzione irregolare di utili, bensì sono i soci a dover provare che ciò non è avvenuto.

Un’inversione che può mettere in seria difficoltà le aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, che si trovano improvvisamente a dover giustificare operazioni o situazioni perfettamente lecite ma difficili da dimostrare a posteriori.

Anche le SPA finiscono nel mirino

Finora questa dinamica aveva interessato prevalentemente le società a responsabilità limitata.

Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7815 del 24 marzo 2025) ha esteso l’applicazione della presunzione anche alle società per azioni, nel caso in cui la compagnia sociale sia contenuta.

Secondo la Corte, infatti, non è necessario che i soci siano legati da vincoli familiari o personali: la semplice ristrettezza della base sociale è sufficiente per ipotizzare un rapporto fiduciario che possa giustificare una distribuzione extra-bilancio.

Si tratta di un ampliamento interpretativo significativo, che apre la strada a contestazioni su un numero sempre maggiore di realtà societarie.

Nessuna legge, solo giurisprudenza

Uno degli aspetti più critici della vicenda è che manca una normativa specifica su questo tipo di presunzione.

Non esiste, infatti, una legge che disciplini in maniera chiara e dettagliata cosa debba succedere in questi casi.

Tutto si basa su orientamenti giurisprudenziali e prassi amministrative, spesso non uniformi e non sempre prevedibili.

Questa incertezza normativa si traduce in un ambiente sfavorevole per le imprese, che rischiano di intercorrere in contestazioni difficili da fronteggiare, senza strumenti adeguati per difendersi in modo efficace e strutturato.

Nell’ambito della più ampia riforma fiscale, si era parlato della possibilità di introdurre regole più precise per affrontare queste situazioni.

L’obiettivo era dare certezze giuridiche sia ai contribuenti sia all’amministrazione finanziaria, evitando un’eccessiva discrezionalità.

Purtroppo, almeno per il momento, questa prospettiva resta sulla carta.

E così, molte imprese si trovano a operare in un contesto che appare sempre più simile a una giurisprudenza “fai da te”, dove l’interpretazione prevale sulla norma e la tutela dei diritti fiscali diventa un percorso a ostacoli.

Cosa possono fare oggi le società a ristretta base?

In questo scenario incerto, è fondamentale adottare un approccio prudente e consapevole.

Le società con pochi soci devono:

  • curare con attenzione la documentazione contabile e societaria;
  • evitare comportamenti ambigui nella gestione degli utili;
  • consultare regolarmente un esperto tributario, in grado di monitorare le evoluzioni giurisprudenziali e consigliare le azioni più opportune in caso di accertamento.

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