La ZES comincia a dimostrare di essere una vera leva per il rilancio del Sud. Numeri incoraggianti, ma anche criticità da affrontare. Gli aggiornamenti.

Negli ultimi anni si è parlato molto di incentivi, fondi e zone economiche speciali, ma poche misure sembrano aver davvero farro la differenza.
Oggi però, uno strumento avviato nel 2024 sta attirando sempre più attenzione, non tanto per le promesse, quanto per i numeri che sta mettendo sul tavolo.
Si tratta della ZES Unica, una misura pensata per semplificare e velocizzare il percorso di chi sceglie di investire nel Sud.
E i primi risultati, almeno dal punto di vista quantitativo, sembrano incoraggianti:
centinaia di imprese hanno già ottenuto l’autorizzazione a operare,
con miliardi di euro in investimenti e decine di migliaia di posti di lavoro in prospettiva.
Ma non è solo una questione di numeri.
Quello che colpisce è il cambio di peso amministrativo: procedure digitali snelle, risposte rapide, supporto tecnico costante per chi avvia un progetto.
È una novità in un contesto dove spesso è la burocrazia a frenare lo sviluppo.
Ed è proprio da qui che vale la pena partire per analizzare ciò che sta accadendo nel cuore del Mezzogiorno.
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La ZES: un meccanismo che accelera
In un solo anno, oltre 750 aziende hanno ricevuto l’autorizzazione a investire nei territori del Sud, portando con sé un valore complessivo di 27,5 miliardi di euro in progetti avviati.
Un dato che racconta molto più di quanto sembri.
Quasi la metà di queste autorizzazioni ha riguardato la Campania, seguita da Puglia e Sicilia.
Si tratta di una concentrazione che evidenzia dove l’interesse imprenditoriale sta trovando terreno fertile.
Il processo, digitalizzato e semplificato, ha ridotto i tempi medi di approvazione a circa 30 giorni.
Una vera anomalia positiva rispetto ai consueti ritmi della pubblica amministrazione italiana.
Ma c’è di più:
una volta ottenuto il via libera, le imprese non vengono abbandonate a sé stesse.
Il supporto della struttura ZES prosegue anche nella fase operativa, offrendo assistenza tra agevolazioni, piani industriali e iter normativi.
Persino Confindustria, solitamente cauta in questi casi, ha riconosciuto la validità dell’approccio, sottolineando l’effetto leva: a fronte di 4,8 miliardi di fondi pubblici, sono arrivati ben 28 miliardi di investimenti privati.
Ombre e sfide all’orizzonte
Tuttavia, non mancano le criticità.
Se da un lato si registra un’accelerazione nei processi, dall’altro emergono dubbi sull’effettiva qualità strategica degli investimenti autorizzati.
Alcuni osservatori sottolineano la necessità di orientare meglio le risorse, per evitare una dispersione che vanifichi l’impatto nel medio-lungo termine.
L’estensione del modello ZES anche a regioni del centro come Marche e Umbria rappresenta una nuova sfida: non solo ampliare il raggio d’azione, ma anche mantenere alta l’efficacia.
Un esempio emblematico arriva da Napoli, con il caso dell’ex stabilimento Whirlpool. Qui il progetto ZES ha consentito il riavvio delle attività in tempi rapidissimo e la riassunzione di 300 lavoratori.
Ma il blocco successivo sugli incentivi economici ha dimostrato che snellire la burocrazia non basta: tutti gli attori istituzionali devono procedere con lo stesso ritmo.
Il Governo ha espresso l’intenzione di rafforzare e ampliare ulteriormente lo strumento.
Resta da vedere se sarà in grado di reggere il passo o se, ancora una volta, le migliori intenzioni si perderanno nelle pieghe della macchina statale.