Le recenti novità in materia di tassazione immobiliare stanno ridisegnando il panorama degli investimenti per i professionisti. Qui sotto tutti i dettagli.

Negli ultimi anni, il rapporto tra liberi professionisti e investimenti immobiliari ha subìto profonde trasformazioni, soprattutto dal punto di vista fiscale.
Il Decreto Legislativo 192/2024 ha introdotto cambiamenti sostanziali che ogni professionista intenzionato a investire in immobili deve conoscere.
Non si tratta di mere modifiche burocratiche: queste norme, infatti, incidono direttamente sulle strategie di acquisto, gestione e deduzione fiscale degli immobili utilizzati nell’attività professionale.
Fino a prima, la disciplina fiscale sugli immobili per i professionisti era piuttosto rigida, limitando fortemente le possibilità di ottenere benefici fiscali rilevanti, se non in casi specifici.
Ora, invece, il concetto di “strumentalità” dell’immobile è diventato centrale, superando in parte la tradizionale distinzione legata alla categoria catastale.
Questo sposta l’attenzione sull’uso concreto che il professionista fa dell’immobile, aprendo margini di pianificazione fiscale più flessibili.
Nonostante ciò, la normativa resta complessa, fatta di deroghe, vincoli temporali e dettagli tecnici che possono disorientare chi non è del mestiere.
Vediamo quindi quali sono i principali aspetti da tenere in considerazione.
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Investimento immobiliare: quali sono le condizioni per i professionisti
La chiave di volta della normativa è il concetto di “immobile strumentale”.
Secondo quanto stabilito dall’art. 43 del TUIR, sono considerati tali gli immobili utilizzati in modo esclusivo per l’esercizio della professione o dell’attività artistica da parte del proprietario.
Non si guarda quindi alla categoria catastale, ma all’uso concreto dell’immobile.
Questo aspetto è particolarmente rilevante per i professionisti, che non sempre dispongono di immobili accatastati come uffici o studi, ma che, se li utilizzano integralmente per la propria attività, possono comunque ricadere in questa definizione.
Tuttavia, nonostante questa apertura, il legislatore ha mantenuto delle restrizioni.
In particolare, la deducibilità delle quote di ammortamento rimane preclusa nella maggior parte dei casi, con eccezioni limitate agli immobili acquistati o costruiti fino al 14 giugno 1990 oppure acquisiti nel triennio 2007-2009.
Per chi rientra in queste finestre temporali, la possibilità di ammortizzare fiscalmente il costo dell’immobile rappresenta un vantaggio non trascurabile.
Leasing immobiliare: le regole
Un discorso a parte meritano i contratti di leasing finanziario, che offrono spazi di deduzione ben più ampi rispetto all’acquisto diretto dell’immobile:
- contratti stipulati dal 2014 in poi -> la legge consente la deduzione integrale dei canoni, a condizione che la durata contrattuale sia almeno di 12 anni
- contratti stipulati fino al 1° marzo 1989 -> consentono la deduzione per cassa
- mentre per quelli tra il 2 marzo 1989 e il 14 giugno 1990 -> si applica il criterio di competenza, con la clausola di una durata minima di 8 anni.
- contratti del periodo 1990-2006 -> si può dedurre solo un importo pari alla rendita catastale dell’immobile
- triennio 2007-2009 -> la deduzione è ammessa solo a precise condizioni di durata.
- contratti stipulati tra il 2010 e il 2013 -> non è previsto alcuna deducibilità, né dei canoni né della rendita catastale.
Un vero e proprio incarico normativo che impone attenzione e verifica puntuale delle date e delle clausole contrattuali.
Detrazioni di spese e immobili ad uso promiscuo
Nonostante le restrizioni sulle quote di ammortamento, i professionisti possono comunque beneficiare della deducibilità di diverse tipologie di spese legate agli immobili.
Rientrano tra queste i costi per servizi correlati all’immobile e le spese di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria.
Le spese per ristrutturazioni o ammodernamenti, invece, devono essere ripartite su cinque esercizi fiscali, deducendo quote costanti ogni anno.
Un’ulteriore opportunità riguarda gli immobili ad uso promiscuo, ossia quegli immobili utilizzati in parte come abitazione privata e in parte per lo svolgimento dell’attività professionale.
In questi casi, la normativa consente di dedurre il 50% delle spese sostenute, indipendentemente dalla porzione di immobile effettivamente destinata all’attività.
Questo principio, chiarito anche dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 35/E del 2012, offre un importante margine di manovra per chi svolge la propria attività all’interno della propria abitazione, riducendo così il carico fiscale.